Certo, per ora è ancora una decisione economica, ma ci sono fondate speranze che il futuro possa essere più roseo e i videogiochi smettano di essere visti come espressione di fancazzimo e diventare quello che sono, un momento fondamentale della formazione degli esseri umani.
È solo una decisione economica, dicevamo, perché la nota fa parte delle considerazioni del Piano di Lavoro per la Cultura 2023/2026 e si limita a prendere atto di qualcosa che è da tempo sotto gli occhi di tutti: che il settore dei videogiochi è uno dei comparti in attivo e lanciati della produzione europea.
Lo dicono le cifre: nel 2020 i ricavi del settore erano 4,3 volte superiori a quelli della musica e perfino 1,8 a quelli dello streaming. E riteniamo che non c’è bisogno di aggiungere altro.
Nella sua nota il Consiglio invita i paesi membri e la Commissione a sviluppare sostegni adeguati a implementare il settore dei videogiochi e, nello stesso tempo a valorizzare il patrimonio culturale europeo e proteggere adeguatamente il diritto d’autore.
Non ha dimenticato, il Consiglio, il delicato problema dell’inclusione e della discriminazione di genere, presente sia nel ridotto numero di donne professioniste, sia nelle aggressioni che subiscono le videogiocatrici.
Il Consiglio ha invitato i soggetti regolatori a ideare azioni verticali ed efficaci, in grado di modificare questo stato di cose.
Di un utilizzo dei videogiochi in funzione formativa al momento non c’è ancora traccia. Ma ci sono fondare speranze che, mossi i primi passi, presto verrà tutto il resto.
Accontentiamoci. Rispetto all’aura satanica che accompagnava il gaming, anche solo fino a qualche tempo fa, è un passo in avanti importante. Il resto, verrà . Con calma. Senza fretta. Speriamo.