Sempre più allarmante la situazione delle donne anche nel campo dei videogiochi. Anche tralasciando l’ambito lavorativo, dove i numeri sono disastrosi, una ricerca condotta da NNESAGA solleva un velo su una situazione che definire allarmante è poco.
Il 40% delle videogiocatrici dichiara di essere stata oggetto di abuso mentre videogiocava. Diversi i mezzi utilizzati, ma con dentro perfino sexting attraverso messaggi di natura sessuale.
Per un uomo è molto difficile immaginare o comprendere l’effetto devastante che questo tipo di pratiche possono avere sulle donne, soprattutto quando ancora molto giovani.
La ricerca di NNESAGA però ha il merito di aver indagato anche questo aspetto, le conseguenze. E anche qui il dato è pesante. Oltre un terzo delle donne che hanno ricevuto abusi ha dichiarato di essere entrata in depressione o, quanto meno, di aver avuto periodi psicologicamente molto difficili dopo episodi di questo tipo.
L’abuso nel gaming è una pratica così comune da aver spinto un terzo delle donne a giocare in modo anonimo e un altro terzo a scegliere nick o costruire profili maschili.
NNESAGA, autrice della ricerca effettuata intervistando un campione di 4000 donne, è una società che si occupa di gaming ma ha la particolarità di essere stata fondata da una donna, Danielle Udogaranya.
Danielle Udogaranya, londinese, poco più che trentenne, artista e content creator, è diventata una delle maggiori esperte nel settore DE&I (Diversità, Equità & Inclusione), promuovendo una delle maggiori rivoluzioni nel settore dei videogiochi, contribuendo a inserire profili fisici e psicologici più legati alla inclusione di genere.
Come conseguenza della ricerca, Danielle ha creato un hastag, #NoRppmForAbuse, finalizzato a spingere le donne a denunciare gli abusi subiti e a far fronte comune per ottenere misure adeguate a combatterli.